Libri, Il pastore d'Islanda, di Gunnar Gunnarsson

 


... ma insomma Natale ti piace festeggiarlo, 'segnarlo' come un un passaggio simbolico, senza addentellati religiosi tuttavia, ma con grande forza simbolica, questo sì. Combattuto tra malinconia natalizia causa solitudine e rimembranze infantili: "lasciatemi  vivere il Natale!".  

Meglio se con dei libri.




Tra i libri in assoluto più belli che tu abbia mai trovato, ci sono quelli editi da Iperborea. Tutti. Ti piacciono fin dal formato e dalla sensazione tattile, ti piacciono per la grafica e per le scelte delle storie. E ti piacciono le storie e molti autori, le atmosfere e le informazioni, i personaggi e i luoghi.


Tanti belli, tra questi libri, e alcuni bellissimi. (Ce ne sono altri, li racconterai). Per esempio, questo "Il pastore d'Islanda', di Gunnar Gunnarsson. Ecco, tu non sapevi che Gunnarson intitolò 'Avvento' questa piccola storia, inizialmente. E non sapevi che è mancato da questo pianeta il 21 novembre 1975. Una storia 'vecchia'! Che in Islanda è diventata ormai tradizionale e molto amata. 

Narra del pastore Benedikt e dei suoi compagni, il cane Leo e il montone Roccia. Solo loro tre - da ventisette anni - affrontano il lunghissimo e gelido buio inverno islandese, per recuperare tutte le pecore che si si sono smarrite tra i monti fin dall'autunno.

Un subliminale senso di pericolo attraversa la storia, quando Benedikt incontra sulla via altre persone che lo trattengono, che lo ospitano o che lo coinvolgono in altre imprese, facendogli accumulare ritardo. Lui, infatti, riesce sempre a tornare in tempo per celebrare il Natale. Questa volta, i giorni passano senza progressi e in più arriverà anche il maltempo, una tempesta di neve e di ghiaccio. Siamo alla fine della terra e alla fine del mondo. La notte dei tempi è letteralmente arrivata e non rimane molto da fare. Ma Benedikt ha molte risorse...


Non prosegui a raccontare la trama. Solo le sensazioni: oltre alla minaccia subliminale, ci sono anche momenti divertenti, c'è un umorismo pressoché silenzioso che è probabilmente tutto islandese. I personaggi sono duri ma generosi, sono espansivi a loro modo e sono coraggiosi. Ci vuole coraggio per vivere in una terra così ... feroce, oltre che così bella.


Jón Kalman Stefánsson, pure lui scrittore islandese, parla proprio delle descrizioni delle condizioni climatiche, che connotano l'intera storia: l'inverno islandese è informe, ma vivo, è buio e immenso.

Bello il paragone che fa tra Joseph Conrad e Gunnarson, per le loro uniche descrizioni della veemenza degli elementi. Non per caso, infatti, allora, Conrad è un altro dei tuoi autori più amati: questa è proprio una sorpresa. "Gunnar è un islandese che scrive in danese, lingua che ha imparato dopo l'adolescenza; Conrad è un polacco che scrive in inglese, lingua che ha imparato dopo l'adolescenza".

E forse allora, leggendo questo libro, hai scoperto un modo diverso di raccontare la vita sul pianeta e sui rapporti che noi abbiamo inestricabili. Anche se è un racconto arcaico e tradizionale, o forse proprio per questo motivo, ancor di più. I legami non sono solo teorizzati, né rimpianti perché perduti o distrutti; i legami sono reali, presenti e incarnati, fanno la differenza tra vita e morte. Come in ogni fiaba degna di questo nome.


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