Non c'è due senza tre... cià che ricominciamo, va

 

Massimo Troisi (col suo cuoricino), 'ricomincio da tre'


... ricominciamo, và...




Quando allora il cuore si prende un treno in pieno muscolo, càpita che ti tocca di risvegliarti in una sala di terapia intensiva, invasa da monitor e macchine.


Ti risvegli, ma non è un vero risveglio, è piuttosto l'inizio di un calvario dopo l'ordalia dell'intervento - per risalire una condizione di sparizione del dolore e di autosufficienza.

Subito ti viene tolto il tubo che nell'esofago insuffla l'aria per te, quando torni a essere capace di respirare da solo, quando hai già iniziato a liberarti dalla anestesia - che in fondo è, un veleno.

Respiri da solo e senti i tubi, i cateteri, i cavi, i drenaggi che fuoriescono dal tuo corpo, che ancora non capisce da che parte è girato, non se lo ricorda più.

Sono azioni terrificanti - se ti fermi a pensarle - quelle che ti sono state fatte in sala operatoria.
Il corpo deve riappropriarsi di se stesso, deve sopravvivere a queste terrificanti ferite.

Subito, non riesci a fare a meno di pensare che sei fragile, che sei esposto e nudo, che sei - infine - inerme come gli animali non umani segregati nei laboratori.

Anche loro sopportano nei loro corpi ferite crude (una espressione che ti colpì molto quando la leggesti la prima volta: ferite fresche, dolenti, ricucite da poco). Hanno anche altri supporti artificiali. L'uscita dalla anestesia è un processo lungo e disorientante. Non potrebbe essere diversamente.

Pensi che tu, proprio per questi motivi, sei assistito, sei supportato, vieni ascoltato, vieni aiutato.

Pensi che invece non è così per gli animali usati per gli esperimenti.
Che se c'è chi sta controllando i loro parametri e i progressi delle loro funzioni fisiche, non lo fa con la sollecitudine che viene concessa a te.

Pensi che sono doloranti, che sono disorientati, che sono spaventati.
Non comprendono che cosa gli è successo, non riescono a dargli un senso, non sanno dargli una prospettiva, non sono nelle condizioni di prevedere che cosa succederà - e almeno in questo non siete molto diversi, tu e loro.

Tu lo sai che cosa succederà a loro: nuovi esami, nuovi test, nuovi interventi senza fine, finché hanno vita.


Pensi che la vivisezione è per questo che è eticamente ripugnante, inaccettabile. Pensi che non si può non pensare a loro con angoscia e volerli liberi.

(Postille sparse, che non potrebbero mai trovare luogo in un post per conto loro...Dopo l'intervento, la scimmia giace nella gabbia: il suo risveglio appoggiata alla griglia metallica, non riceverà alcun aiuto o conforto.

(La tua idea è che le suore di clausura non possano andare in ospedale.  Meglio morire come le suore di clausura, tra mura e visi amici, con serenità; piuttosto che circondate da macchine e visi sconosciuti e mascherati.

(Covid ci sta facendo vedere quanto comunque la vita sia sempre essenzialmente instancabile rimescolamento. )

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