Cose da gatti e cose da blog

 



Giusto un paio di post fa, scrivevi che una idea poteva essere riportare su LA CONFIDENZA LENTA i post più completi che appariranno qui, sulla LENTA CONFIDENZA. Ma, perché non può valere pure il contrario?





Certo che vale! (Sei tu che puoi deciderlo). E allora, quando capitano le occasioni - e sui social ne capitano e ne sono capitate tante, per esempio con argomenti che tu avevi già considerato, magari diverso tempo prima sul blog - provi a coglierle per ripescare dal profondo del blog storico, i post che si possono collegare. L'occasione specifica è data dalla uscita di 'Stray', documentario sui cani randagi-liberi di Istanbul (che intendi vedere quanto prima). Tu, lo hai scoperto su un post di Luca Spennacchio. Invece sul post qui collegato, si parla(va) di gatti - i gatti di Istanbul .



pubblicato su LA CONFIDENZA LENTA giovedì 7 giugno 2018.





La città degli umani e la città dei gatti si sovrappongono sulle stesse case, strade, ma non sono la stessa città.

Quella degli umani è fatta di strade dritte, larghe, da percorrere in velocità. Quella dei gatti è fatta di vicoli, di interstizi, di balconi, tetti e androni, di rami di alberi e di vuoti che si spalancano sotto le zampe, appoggiate con noncuranza a oggetti lievi e sottili, di tende tese e di pertugi rasoterra, di tombini semi aperti e di cunicoli.

Sei andato a vedere questo particolare e bel documentario al cinema, proprio le scorse sere. Ceyda Torun, la regista turca che ha reso i gatti di Istanbul i protagonisti della sua esplorazione visiva, dice: "Sono cresciuta a Istanbul fino all'età di undici anni e credo che la mia infanzia sarebbe stata infinitamente più solitaria se non fosse stato per i gatti e io non sarei la persona che sono oggi. Sono stati i miei amici e confidenti e dopo il trasferimento, ogni volta che mi capitava di tornare a Istanbul, trovavo la città sempre meno riconoscibile ad eccezione di una cosa: i gatti, unico elemento costante e immutato che incarnava l'anima stessa della metropoli. Questo film è, per molti versi, una lettera d'amore a quei gatti e alla città". 
A Istanbul ci sono da sempre migliaia di gatti, benvoluti e assistiti dagli abitanti - ché il gatto è animale che piace a Maometto.
In un'ora di film hai scoperto, così, che: il primo piano di un gatto grande come una parete ti può ipnotizzare; che la città dei gatti assomiglia molto di più alla città degli uccelli (colombi, gabbiani) e dei topi e che le tre città si intrecciano in modo costante, inestricabile, anche violento e sanguinario, mentre la città degli umani rimane come sfocata, sullo sfondo, altrove. 
La città degli umani ha invaso ogni spazio a perdita di occhio, ha reso allo stesso tempo interstiziali le città degli altri animali, che si devono ritagliare la propria topografia scivolando tra le varie umanità: cosa che ai gatti riesce assai bene, si trovano apparentemente a loro agio qualunque sia la situazione. Eppure, loro - come i gabbiani e i piccioni, come i topi - vivono degli 'avanzi', dei sovrappiù, degli scarti - o dei doni - degli umani. Calpestano gli stessi spazi, a volte nello stesso momento - un volta che si è constatato questo, fai fatica a comprendere e ad accettare lo schifo che gli umani provano per i ratti o la ostilità che provano per i volatili: perché per i gatti, che si infilano fisicamente negli stessi cunicoli dei topi o che contendono il pesce agli uccelli negli scoli dei porti e del molo, c'è invece attenzione, cura?

Per gli abitanti di Istanbul - come per chiunque in giro per il mondo conviva, ami, adori, accudisca dei gatti - il gatto cambia la vita, trasforma le persone; il gatto è la via che Dio manda al fedele per rendere la propria vita un evento sensato; il gatto ci permette di entrare in comunicazione con l'altro; il gatto è come un alieno. 
Per queste persone, non è possibile confondersi i gatti tra loro: ciascuno ha un suo carattere e una sua personalità. Ogni gatto elegge o privilegia certi quartieri e non altri, ha sue preferenze, abitudini; ogni gatto tratta gli altri gatti in modo suo proprio, secondo il suo carattere individuale e in risposta al carattere individuale dell'altro.



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